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Vitamina D: L’Ormone Essenziale

Nov 9, 2015Alimentazione, Blog Articoli

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di Veronica Procopio e Dave Gamba

Il temine “Vitamina D” si riferisce a 2 molecole:

  • l’Ergocalciferolo (o vitamina D2), sintetizzata da lieviti e piante
  • e il Colecalciferolo (o vitamina D3), d’origine animale.

In passato si riteneva che queste due forme avessero attività biologica paragonabile. Tuttavia oggi sappiamo che l’Ergocalciferolo, oltre ad essere poco abbondante, viene rapidamente catabolizzato dal fegato, pertanto è la sola vitamina D3 a svolgere un ruolo chiave nella nostra biologia.

L’APPORTO CHE SI HA MEDIANTE LA DIETA DI QUESTI DUE MICRONUTRIENTI NON È SUFFICIENTE OGGI A SOPPERIRE AL NOSTRO FABBISOGNO. SI STIMA, INFATTI, CHE L’ALIMENTAZIONE CONTRIBUISCA PER CIRCA UN 20%.

La fonte davvero importante di vitamina D è rappresentata dalla sintesi che avviene a livello cutaneo, grazie al Sole.

Nella pelle è presente una provitamina (derivante dal colesterolo), che grazie all’esposizione ai raggi solari si converte spontaneamente nella vitamina D3.

Il Colecalciferolo è fotosensibile, pertanto se non viene rapidamente esportato in circolo va incontro a fotodegradazione; dunque non è possibile accumulare quantità tossiche di vitamina D3 per prolungata esposizione alla luce solare.

D3, CALCIO E OSSA

La vitamina D3 formatesi a livello cutaneo, o assunta mediante l’alimentazione, è biologicamente “inattiva”, pertanto deve subire un ciclo di reazioni, prima nel fegato e poi nel rene, che la converte nella forma attiva della vitamina D, il “Calcitriolo”, un ormone estremamente importante.

Il Calcitriolo, in caso di ipocalcemia, ha il compito fondamentale d’innalzare la concentrazione ematica di calcio e di fosforo mediante 3 meccanismi:

  1. Promuove l’assimilazione a livello intestinale;
  2. Incrementa il riassorbimento nel rene, riducendone il livello nelle urine;
  3. Stimola gli osteoclasti, che erodono la matrice ossea determinando un rilascio di calcio nel sangue.

Quest’ultima azione della vitamina D può sembrare contraddittoria, tuttavia il mantenimento di una determinata concentrazione di Calcio nel sangue previene, nel complesso, una perdita di questo minerale dalle ossa.

Vediamo più nel dettaglio questo meccanismo.

Si ritiene che l’incremento del livello di Calcio nel sangue dovuto all’assorbimento intestinale (calcitriolo-dipendente) faccia prendere all’osso più calcio di quanto non ne perda a seguito dell’azione degli osteoclasti.

La continua disponibilità di Calcio nel sangue permette al nostro organismo di poter scegliere dove indirizzare questo minerale alle ossa, a seconda della sede in cui è in corso il processo di mineralizzazione.

Si tratta di un delicato gioco di equilibri, in quanto da una parte i livelli ematici di Calcio e Fosforo devono essere sufficientemente elevati da permettere la formazione dell’idrossiapatite (componente minerale delle ossa), e dall’altra parte non devono superare un certo limite, per evitare la precipitazione di sali di fosfato e calcio insolubili a livello delle pareti dei vasi sanguigni

Infatti, solo in casi estremi di carenza di vitamina D e/o calcio si verifica una significativa perdita di questo minerale dalle ossa.

Non bisogna pensare al nostro sistema scheletrico come ad una entità statica ed immutabile, anzi esso si modifica continuamente secondo un processo che prende il nome di “rimodellamento osseo” (o “turnover”).

Il modo in cui la D3 regola Calcio e Fosforo è essenziale, non solo come costituenti della matrice ossea, ma svolgono altre funzioni estremamente importanti.

Vediamone qualcuna.

IL CALCIO

  1. Funge da messaggero intracellulare;
  2. Permette il rilascio di neurotrasmettitori;
  3. Agisce nella coagulazione del sangue;
  4. Ha un ruolo determinante nell’eccitabilità a nella contrazione muscolare.

A tal proposito, l’ipocalcemia può causare spasmi muscolari (fino al tetanismo), mentre l’ipercalcemia può indurre bradicardia, aritmia e, perfino, fibrillazione ventricolare.

IL FOSFORO

  1. È impiegato nella formazione di DNA, RNA, ATP e fosfolipidi;
  2. Partecipa al metabolismo di carboidrati, grassi e proteine;
  3. Stimola la contrazione muscolare;
  4. Assicura la corretta funzionalità renale;
  5. È impegnato nella trasmissione degli impulsi nervosi.

Avevate immaginato che questi due piccoli ioni fossero così importanti?

Ciò giustifica la presenza di un sistema di regolazione che sfrutta ben tre meccanismi per la ricaptazione di calcio e fosforo (assorbimento attivo intestinale, riduzione dell’eliminazione urinaria e, se necessario, mobilitazione dai depositi ossei).

I pesci, ad esempio, sono esposti ad un ambiente estremamente ricco di calcio, e non necessitano di questo complesso sistema di regolazione ormonale!

A livello evolutivo, l’aver abbandonato l’ambiente marino ha reso necessario lo sviluppo di questo complesso sistema che regola i livelli ematici di Calcio e Fosforo.

LE PROPRIETÀ DELLA D3 OLTRE LE OSSA

Quindi la Vitamina D serve solo per le Ossa? NO. Negli ultimi 15 anni gli studi sulla D hanno fatto scoperte sorprendenti, oltre a testimoniarci che si tratta di un ormone a tutti gli effetti, oggi sappiamo che:

  1. Regola l’espressione di almeno una cinquantina di geni diversi, non soltanto a livello dell’intestino dove attiva la formazione delle proteine impiegate nel trasporto del calcio, ma promuove anche la differenziazione cellulare in diversi tessuti, con attività antitumorale. Molti studi epidemiologici hanno associato un deficit di vitamina D con un’aumentata incidenza di varie forme tumorali al seno, colon, prostata, pancreas, ovaio. Vi rimando al seguente articolo http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1470481/.
  2. Regola il sistema immunitario e la sua carenza è stata associata ad un aumentato rischio di malattie autoimmuni, inclusi il Diabete Mellito di tipo 1 e la Sclerosi multipla (http://www.webmd.com/multiple-sclerosis/news/20100823/vitamin-d-linked-to-autoimmune- diseases).
  3. È necessario per la normale secrezione dell’insulina e un suo deficit è stato associato ad insulino-resistenza e Diabete Mellito di Tipo 2 (http://www.webmd.com/diabetes/news/20150223/low-levels- of-vitamin-d-linked-to-type-2-diabetes-risk).
  4. Secondo un recente studio del 2014, la vitamina D esercita una forma protettiva nei confronti del sistema cardiocircolatorio (http://www.internationaljournalofcardiology.com/article/S0167- 5273%2814%2900267-8/abstract).
  5. La vitamina D sembrerebbe implicata nell’aumento dei livelli di serotonina, agendo da antidepressivo naturale con effetti positivi sull’umore (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25713056).
  6. Infine, la vitamina D agisce nella regolazione negativa della renina, evitando che venga prodotta in eccesso, agendo come un importante anti-ipertensivo.
  7. Osservando uno studio italiano questa volta, condotto da Sara Gandini dell’Università di Milano-Bicocca, ha invece confermato la stretta relazione tra livelli maggiori di vitamina D nel sangue e ridotto rischio di morte (http://www.ajcn.org/content/early/2011/12/13/ajcn.111.014779).

In un gruppo di 62.548 uomini e donne studiati per un minimo di 1.3 e un massimo di 24 anni, a livelli più alti di vitamina D corrisponde una riduzione del 29% dei rischio di morte.

Usando le parole del dr Filippo Ongaro:

Come conseguenza di questa crescente evidenza sull’importanza della vitamina D sarebbe auspicabile che anche i medici cambiassero atteggiamento nei confronti di una prescrizione assolutamente sicura, facile da monitorare (basta un semplice e poco costoso esame del sangue della 25-OH vitamina D) e dal grande impatto preventivo.

L’APPLICAZIONE PRATICA DELLA D

In Italia circa l’80% della popolazione giovanile soffre di uno stato carenziale da vitamina D, che si acuisce nei mesi invernali e peggiora con l’avanzare dell’età.

Cosa si può fare a riguardo? È evidente che ancora non sappiamo tutto su questa molecola straordinaria, ma ogni giorno la ricerca avanza passi da gigante, e ci offre dati sempre nuovi e strabilianti.

Pertanto, perché le RDA (o Dosi Giornaliere Consigliate), a nostro avviso, non funzionano? Perché presentano sempre dei problemi tipici:

  1. Spesso si basano su quantitativi MINIMI PER LA SOPRAVVIVENZA che non risolvono lo stato carenziale;
  2. Ognuno di noi ha bisogno di un apporto vitaminico personalizzato in base all’età, al sesso, allo stato di salute e al periodo dell’anno;
  3. Nel caso specifico della vitamina D, spesso le RDA sono stimate in base al solo effetto che questo ormone esercita nei confronti dell’omeostasi del calcio, senza considerare le altre importanti funzioni che essa svolge.

Sicuramente può essere utile stare più tempo all’aria aperta e sotto i raggi del sole.

  • Abbiamo detto precedentemente che la maggior parte della fonte di vitamina D deriva proprio dall’esposizione solare, ma questo solleva diversi quesiti che ruotano prevalentemente intorno al tema della prevenzione ai tumori della pelle dal Sole in eccesso.
  • In secondo luogo dobbiamo incrementare le fonti alimentari che contengono la vitamina D. Essa è contenuta in uova e carne, e prevalentemente nei pesci di acqua salata (sardina, salmone, tonno, aringa) e negli oli di pesce, come l’olio di fegato di merluzzo. Perché il merluzzo è così ricco di vitamina D? Nei pesci non è necessaria l’esposizione ai raggi UV per la formazione della vitamina D, in quanto sono presenti alcuni enzimi nel fegato, che sono in grado di svolgere la stessa reazione chimica evocata nella cute umana dai raggi solari. Infatti, per il merluzzo la vitamina D non è una Vitamina! Ma come abbiamo detto precedentemente, l’apporto che deriva dalla dieta contribuisce solo per un 20% al fabbisogno globale di vitamina D.
  • Pertanto un metodo, semplice e sicuro per non andare incontro ad un deficit di vitamina D, è quello di ricorrere all’uso degli Integratori.

MA COME REGOLARCI QUINDI CON LE QUANTITÀ?

La cosa migliore è misurare la quantità della vitamina D presente nel sangue mediante un semplice prelievo ed esame di laboratorio, e in base al risultato scegliere il corretto dosaggio giornaliero.

Secondo L’IOM (Institute of Medicine, 1997) la dose di vitamina D raccomandata è pari a circa 600 UI (unità) al giorno.

Ma questa è come un RDA, ovvero il minimo necessario alla sopravvivenza, non al benessere.

Recenti studi hanno dimostrato che questo dosaggio è fallace e non è protettivo nei confronti del deficit da vitamina D.

Vi segnalo in particolare uno studio pubblicato nel 2007 dall’American Society for Clinical Nutrition (http://ajcn.nutrition.org/content/85/3/649.full), che designa il valore di 10.000 UI al die come il limite superiore di assunzione giornaliero tollerabile ATTUALE (UL) per la vitamina D.

E un secondo articolo pubblicato nel 2014 sulla rivista Nutrients (http://www.mdpi.com/2072-6643/7/3/1688/htm), nel quale i due Veugelers e J.P.

Ekwaru hanno stimato un errore nel calcolo delle RDA dell’IOM pari ad un fattore di 10.

Significa che questi sono dati definitivi?

No, come sempre questa è una scienza in evoluzione e continua ricerca e le frontiere della vitamina D possono essere ancora tutte da scoprire.

Come si vede, la Medicina in letteratura ufficiale si è evoluta di molto negli ultimi anni.

Da 600 UI siamo passati a 10.000, con casi di guarigioni a dosaggi anche di molto superiori.

Tenendo bene a mente che una personalizzazione dell’assunzione di tutte le Vitamine, tramite analisi e seguiti da uno specialista, è sempre la strada ideale per fare le cose a puntino, possiamo comunque dichiarare come riferimento generico pratico, che  ad oggi un’integrazione di circa 5.000 unità ci assicura benefici senza ombra di dubbio e senza nessun effetto collaterale.

BIBLIOGRAFIA LETTERATURA MEDICA

Come da link nel testo:

  • International Journal of Cardiology
  • The American Journal of Clinical Nutrition
  • Nutrients Pubmed Public Health
  • dr Filippo Ongaro, sito ufficiale
  • dr David Perlmutter, sito ufficiale

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